Il quartiere del Tufello a Roma è situato nel III Municipio della Capitale, a nord-est del territorio comunale, tra la via Salaria e la Nomentana. Il suo nome deriva dal materiale piroclastico eruttato dal complesso vulcanico dei Monti Sabatini che in questa zona forma collinette scavate da fossi.
Al tempo degli antichi romani, due millenni fa, qui passava la via Patinaria, che collegava la via Nomentana con la via Salaria. Lungo questa via sorgevano probabilmente diverse ville, di una rimangono i ruderi, ormai assediati da edifici costruiti più recentemente. Si tratta dei resti della villa di Faonte, liberto di Nerone. Secondo la narrazione di Svetonio fu qui che l’imperatore, ormai abbandonato da tutti e braccato dai suoi nemici, si rifugiò e poi si uccise. Io ne ho parlato qui. Le uniche parti ancora visibili dell’antica villa sono i resti di una cisterna.

La zona rimase agricola fino agli anni 20 del novecento quando sorsero i primi edifici di edilizia popolare, a quell’epoca la zona era coltivata con vigne, orti e pascoli, una via importante del quartiere si chiama proprio via delle Vigne Nuove. ll primo nucleo di case era costituito da edifici di due o tre piani con ampi spazi verdi coltivati ad orto o con giardini comuni.

Una vera espansione si ebbe però un decennio dopo quando l’Istituto Fascista Autonomo Case Popolari decise di costruire palazzi di quattro o cinque piani per alloggiare parte degli abitanti poveri del centro città le cui case, spesso di origine medioevale, erano state demolite nell’ambito degli sventramenti voluti da Mussolini per costruire via dei Fori Imperiali e via della Conciliazione. Fu una vera deportazione.
Negli anni ’40 a questi cittadini si aggiunsero gli italiani rimpatriati dall’estero, soprattutto dalla Francia, dopo lo scoppio della guerra.

La popolazione era composta da artigiani e piccoli commercianti che si trovarono ad essere deportati in quella che allora era un’estrema periferia, non servita da trasporti, lontani quindi dai loro abituali clienti e committenti. Ciò comportò un abbassamento delle condizioni di vita che determinò un aumento della delinquenza e dell’insubordinazione che si mantenne anche dopo la caduta del fascismo, tanto che negli anni cinquanta e sessanta molti dei luoghi di questo quartiere divennero sfondo dei film neorealisti che ne sottolinearono la distanza dalla città e l’isolamento.
Negli anni ’60 e ’70 in piena espansione edilizia, nel quartiere sorsero edifici di edilizia popolare, fra questi il lungo agglomerato di case in linea realizzato negli anni ’70 in via Antonio de Curtis dall’IACP (Istituto Autonomo Case Popolari)

Attualmente il Tufello conserva il suo carattere di quartiere popolare, con molte criticità, ma con una vivacità che dà spazio a molte iniziative culturali aperte a tutti come la palestra popolare intitolata a Valerio Verbano, il giovane antifascista ucciso nella sua casa davanti ai genitori nel 1980, il cui assassinio è rimasto impunito. Ogni anno, ormai da quarant’anni, i giovani del quartiere organizzano una manifestazione il giorno del suo omicidio.
Nelle ultime settimane il Tufello è balzato di nuovo all’attenzione dei media per il murales che è stato dipinto sulla facciata del palazzo dove da ragazzino abitò Gigi Proietti. Lo si può vedere fa queste immagini di street view.
Recentissimamente l’Associazione Riverrum ha dato il via al progetto “Storytelling nell’Oltre Aniene”. Il progetto costruirà nei prossimi anni tanti itinerari in cui su un palazzo o su un cartello si potrà inquadrare con il cellulare il Qr code ed ascoltare una storia raccontata dagli abitanti del quartiere.