Nuovo appuntamento con #sensomieiviaggi, l’iniziativa di Monica Viaggi e Baci che continua ogni mese su un diverso blog. Questa volta Clara Marina ha proposto questo bel tema; chiunque può partecipare pubblicando un post con questo titolo e mettendone il link su acasadiclara.
Subisco come tanti il fascino dei luoghi abbandonati ed ho più volte pensato di raccontare di antichi paesi o piccole chiese campestri da cui la popolazione se n’è andata quando la vita si è fatta troppo dura e che noi abbiamo spesso incontrato nei nostri trekking in montagna.
Per il post di oggi ho però scelto di raccontare la storia di un vecchio casale che è diventato parte della nostra famiglia.
Viaggiando e camminando abbiamo spesso sostato a guardare ammirati vecchi casali con le porte e finestre sbarrate, a volte semidiroccati, in posti splendidi delle nostre campagne e montagne, testimoni di un modo di vivere che non esiste più, per lo meno nei nostri territori. Nonostante gli anni, l’abbandono, le intemperie conservavano tutti una certa bellezza ed un’austera dignità.
Ci piacevano tutti ed abbiamo desiderato restaurarne uno, alla ricerca di un posto in cui sfuggire, seppure per poco, alla vita in città, dove affacciandosi alla finestra si vedesse qualcosa di più della casa di fronte.
I miei figli di pochi anni si divertirono un mondo in questa ricerca, a volte ci siamo persi, altre impantanati, ma loro immaginavano che le porcilaie o le capanne degli attrezzi sarebbero diventate una casetta per giocare.
Quando vedemmo il vecchio casale su una collina umbra ce ne innamorammo. Era proprio malridotto, con il comignolo diroccato, i vecchi infissi e la muratura di pietre l’una diversa dall’altra.
Non era un casale padronale, era sempre stato abitato da povera gente, che aveva lavorato duramente e non aveva avuto le comodità del bagno in casa o del riscaldamento centralizzato, ma solo il fuoco del camino. L’ultimo ad abitarla era stato un vecchio solitario che si era fatto molti anni di carcere per aver aggredito il fratello che voleva sottrargli del terreno. Viveva con le sue vacche e quando si era ammalato ed era stato portato via da lì, non era sopravvissuto a lungo.
L’interno era ancora più malridotto: al piano terra c’erano le stalle, ancora con la mangiatoia di pietra ed uno spesso strato di strame. Il magazzino era un deposito di centinaia di bottiglie, conservate in un’epoca in cui “non si buttava via niente”. Il piano di sopra aveva il pavimento pericolante ed i tramezzi semicrollati di canne e argilla, come si facevano una volta nelle case contadine.
Il vecchio casale aveva proprio la forma di quelle casette che disegnano i bambini, col tetto spiovente ed il comignolo storto. Era asimmetrico, perché costruito su un pendìo: una delle facciate era più bassa perché seminterrata, l’altra era sommersa dai rovi, affacciandosi però alla finestra il panorama era amplissimo sulla valle del Tevere e sulla campagna circostante. All’orizzonte si poteva vedere tutte le sere il sole tramontare.
Fra mille perplessità, temendo di fare il passo più lungo della gamba, decidemmo di acquistarla, era il 1990, sono passati 25 anni, i nostri figli bambini sono cresciuti in mezzo al verde, amando quel luogo a cui continuano ad essere legatissimi.
I lavori per la ristrutturazione hanno richiesto molti anni e possiamo dire che non sono ancora finiti. Appena avevamo qualche soldo da parte ne sistemavamo un pezzetto, ma l’abbiamo vissuta, anche se solo nei fine settimana, fin dall’inizio, quando non aveva ancora gli infissi e noi mangiavamo su un tavolino da campeggio, all’interno per ripararci dalla pioggia.
E così per il vecchio casale ci sono state ancora le risate dei bambini e i loro giochi, le chiacchiere intorno al fuoco, il profumo delle grigliate, le lunghe tavolate rumorose, il ritorno dai campi con gli stivali infangati, le serate estive passate a guardare le stelle e le lucciole.
Oggi è un casale abitabile e con tutte le comodità, ma ha mantenuto la sua forma originaria e la sua essenza di casa di campagna, con la terra intorno che ci piace coltivare: gli olivi, la vigna, gli alberi da frutta, gli ortaggi e gli aromi. Lì possiamo apprezzare il volgere delle stagioni ed il piacere di ottenere un risultato dopo aver lungamente faticato.