Passeggiare per Roma è attraversare i millenni, in poco spazio, in pochi vicoli si incontrano l’una accanto all’altra le testimonianze di epoche lontanissime fra loro: la Roma antica della repubblica e dell’impero, la Roma medioevale, rinascimentale e barocca dei papi, la città ottocentesca nei primi anni del nuovo Regno d’Italia, l’Italia più recente delle lotte sociali degli anni ’70 del secolo scorso. Basta percorrere qualcuno dei suoi stretti vicoli, senza fretta e con il naso all’aria.
Il Ponte Sant’Angelo ornato dalle statue degli angeli opere del Bernini e dei suoi allievi, è sempre pieno di turisti che si fotografano con lo sfondo di Castel Sant’Angelo, l’antico mausoleo dell’imperatore Adriano, diventato fortezza dei papi.
La sponda opposta rispetto al castello nell’antichità era protetta dalle mura aureliane rafforzate da torri. Oltre alle porte monumentali vi si aprivano le posterule, porte secondarie attraverso le quali venivano trasportati i materiali che arrivavano via fiume. Qui inizia il rione che prende proprio il nome di Ponte e fu fin dal medioevo molto frequentato dai pellegrini che si recavano in Vaticano; vi si trovavano numerose locande, osterie, cambiavalute e venditori di oggetti religiosi. I venditori di souvenirs non mancano neanche oggi!
Nell’attuale piazza di ponte Sant’Angelo, proprio di fronte al ponte, era montato il patibolo per le esecuzioni capitali. Si destinava questo luogo pubblico alle esecuzioni di condannati per delitti particolarmente efferati, perché servisse da monito per la popolazione. Fu in questa piazza che vennero giustiziata la giovanissima Beatrice Cenci con la sua famiglia, esecuzione che commosse particolarmente il popolo romano.
I condannati erano incarcerati nella vicina Tor di Nona, una delle torri della cinta aureliana che fu prima utilizzata come magazzino dei prodotti scaricati dal vicino porto fluviale. Il suo nome originale era infatti Torre dell’Annona, corrotto nella parlata popolare. Successivamente divenne prigione, vi venne incarcerato anche Benvenuto Cellini. La torre non esiste più, demolita insieme a quel tratto di mura, rimane il nome della via di Tor di Nona e del parallelo tratto del lungotevere.
Sotto all’insegna della via la targa indica il livello a cui arrivarono le acque del Tevere nel dicembre del 1870. Le esondazioni del Tevere non erano certo infrequenti e sempre rovinose, causavano un gran numero di morti e devastazioni soprattutto in questo rione. Sotto l’Arco dei Banchi è murata la più antica lapide che testimoni un’alluvione: risale al novembre del 1277.
Dopo l’alluvione del 1870 il parlamento del Regno d’Italia, appena insediato a Roma dovette affrontare il problema delle esondazioni del fiume. Deliberò la costruzione dei muraglioni dell’argine che risolsero il problema degli allagamenti, ma isolarono la città dal suo fiume con cui viveva in simbiosi. Io ne parlai qui.
Ne fece le spese anche la vecchia via di Tor di Nona che attualmente si trova quasi nascosta a un livello più basso rispetto al lungotevere che ha lo stesso nome e su cui corre notte e giorno il traffico romano. La via fu emarginata e subì un lento ma progressivo impoverimento tanto che i residenti diedero vita a ripetute proteste, alcune colorite ed artistiche come i bei murales dipinti sul muraglione del lungotevere.
L’asino che vola è dipinto sul palazzo di fronte, sempre in via di Tor di Nona, visibile anche dal lungotevere, sempre che non si sia troppo presi dal flusso del traffico. Un messaggio dalla fantasia al potere!
Un’ultima curiosità: la stretta via traversa di via di Tor di Nona si chiama via degli Amatriciani, perché qui essi vendevano i loro prodotti saporiti e famosi anche allora.