
I papiri sono piante palustri appartenenti alla famiglia delle Cyperacee. Fin dalla preistoria in Egitto con le loro fibre flessibili si fabbricavano corde, stuoie, calzature e ceste. Con i papiri intrecciati e spalmati di bitume era fatto il canestro in cui il piccolo Mosè venne lasciato da sua madre sulle sponde dl Nilo.

Circa 3000 anni fa gli egizi trovarono il modo di fabbricare fogli ricavati dal loro midollo che era tagliato in strisce sottili con le quali si faceva un primo strato orizzontale, sovrapponendo un secondo strato verticale. Con un maglio gli strati venivano battuti in modo che la linfa rilasciata servisse da collante. I fogli erano poi incollati fra loro e arrotolati.
La scoperta rivoluzionò la trasmissione dei testi scritti. Mano a mano che le società del Mediterraneo si alfabetizzavano cresceva il bisogno dei rotoli di papiro che furono esportati dagli egiziani a caro prezzo. Infatti la pianta scarseggiava al di fuori dell’Egitto tanto che divenne una risorsa strategica.
I faraoni detennero il monopolio della lavorazione e del commercio di questi rotoli che rappresentavano un enorme progresso rispetto ai supporti per la scrittura usati precedentemente: pietra, argilla, legno, metallo che erano rigidi e pesanti. Ora gli scritti erano fatti su un supporto flessibile, leggero e facilmente trasportabile.
Paper in inglese, papel in spagnolo e portoghese, papier in tedesco, papir in molte lingue slave, paperi in finlandese. Molte lingue europee usano ancora oggi questo termine per significare carta.
Molte delle notizie di questo articolo le ho prese da un libro esauriente e interessante: “Papyrus, l’infinito in un giunco” di Irene Vallejo, edizioni Bompiani.