Viva la primavera che viaggia liberamente di frontiera in frontiera senza passaporto, con un seguito di primule, mughetti e ciclamini che attraversando i confini cambiano nome come passeggeri clandestini. Tutti i fiori del mondo son fratelli.
Gianni Rodari
Contro tutti i fascismi vecchi e nuovi, contro ogni intolleranza e sopraffazione è necessario conservare la memoria.
Il Mausoleo di CeciliaMetella sorge nel punto più alto dell’Appia Antica, al termine della colata lavica generata dal Vulcano Laziale fra 300 mila e 200 mila anni fa e si impone per la mole e la grande visibilità. Per queste sue caratteristiche nel 1751 fu scelto come estremo della base trigonometrica per la costruzione della cartografia del territorio dagli scienziati gesuiti Cristopher Maire e Ruder Josif Boscovich. L’altro estremo fu posto a Frattocchie.
La base geodetica è il lato al quale si riferisce la triangolazione geodetica di una regione, cioè la misura di angoli fra punti definiti del territorio. Con la trigonometria è possibile calcolare poi la lunghezza degli altri lati tenendo conto anche della curvatura terrestre.
Nel 1809, durante la dominazione napoleonica, gli ingegneri francesi controllarono e modificarono in parte le misurazioni effettuate dai due gesuiti e apposero sulla facciata del munumento una lapide che testimoniava le loro misurazioni e ricordava quelle dei due gesuiti.
Dopo il crollo dell’impero napoleonico, la targa fu però fatta rimuovere dalle autorità pontificie, ma non venne distrutta perché celebrava le imprese scientifiche di due eminenti studiosi gesuiti. Rappresenta l’unica lapide napoleonica conservata a Roma.
Nel 2021, anno del bicentenario della morte di Napoleone Buonaparte, il Parco Archeologico dell’Appia Antica, in collaborazione con i Musei Vaticani, ha ricollocato sulla facciata del monumento la copia dell’iscrizione del 1809.
Ulteriori misurazioni furono eseguite fra il 1854 e il 1855 da Padre Angelo Secchi, fisico di fama mondiale, fondatore dell’astrofisica e geodeta, direttore del Nuovo Osservatorio del Collegio Romano, carica che conserverà per i suoi meriti anche sotto il Regno d’Italia.
Padre Secchi collocò il punto trigonometrico sull’Appia proprio di fronte al monumento, lo demarcò con grosse pietre seppellite in profondità perché non andassero perse. Anche il pinnacolo presente sulla sommità del monumento faceva parte del sistema di puntamento strumentale di A. Secchi.
I punti trigonometrici nonostante gli accorgimenti di Secchi andarono persi, quello di Cecilia Metella fu ritrovato casualmente durante una campagna di scavi archeologici nel 1999 ed è oggi identificabile da un tombino che si apre sulla strada di fronte al Mausoleo di Cecilia Metella.
All’altezza del tombino, sul lato opposto della strada una targa di marmo ricorda il ritrovamento.
Le misurazioni di Secchi furono un punto di riferimento per il disegno della cartografia dello Stato Pontificio e, insieme ad altre rilevazioni eseguite in tutta la penisola italiana e in altri Stati europei, permisero di misurare la forma della Terra e di teorizzarne la forma di ellissoide di rotazione schiacciato ai poli.
Partendo dalle misurazioni effettuate da Maire e Boskovich, Secchi definì anche il Meridiano di Roma o di Monte Mario, detto anche Primo Meridiano d’Italia.
Alzo spesso gli occhi in alto camminando per strade e vicoli e mi accorgo di particolari che sfuggono a chi guarda solo davanti ai suoi piedi. Sono particolarmente attratta dalle finestre alle quali spesso ci sono tendine gioiello, vasi di fiori e belle ringhiere. Altre volte alla finestra compaiono strani personaggi.
Siena, Contrada del Bruco, scultura di Pier Luigi Olla.
A volta un po’ inquietanti
Castelnuovo Val di Cecina (Pi), località La Leccia
In borghi minuscoli può comparire uno sguardo sul mondo intero.
A volte alla finestra non c’è la principessa, ma il principe ranocchio!
Nel Museo Archeologico Nazionale di Lucus Feroniae di cui ho parlato qui molte vetrine espongono gli oggetti ritrovati vicino al tempio della dea Feronia, lasciati dai fedeli come ex voto. Sono numerosissimi e molto differenziati, quasi tutti legati alla vita quotidiana. Ecco allora i recipienti per cibi e bevande nelle forme più diverse: pentole, tegami, padelle, testi in terracotta, anfore per l’olio, il vino o il garum, la salsa di pesce ricercatissima sulle mense romane. E poi le posate in ferro e in argento o bronzo. Molti di questi recipienti contenevano in origine piccole quantità di cereali o di vino offerti alla dea.
Fra questi oggetti singolari sono la paletta per la cenere e il mortaio in marmo con il pestello a forma di dito.
Altri oggetti sono destinati alla cosmesi; pinzette per la depilazione, spatole per impastare e applicare maschere di bellezza e piccoli contenitori per unguenti e profumi.
Legati all’attività femminile della filatura e tessitura sono i pesi da telaio, i rocchetti, le fuseruole in terracotta spesso dedicate dalle donne alla divinità.
Le campanelle in bronzo erano un altro oggetto comune, appese sugli usci delle case servivano ad annunciare l’arrivo di un visitatore, ma anche ad allontanare il malocchio.
Comunissime erano le lucerne, a volte con disegni in rilievo.
Altri erano oggetti per giocare: dadi in osso, pedine in pasta vitrea o in osso per giochi simili agli scacchi o alla dama.
Infine un oggetto singolare: un vaso da talea di ceramica.
Molti altri oggetti offerti alla dea ci parlano della vita quotidiana dei nostri antenati: gioielli a volte di eccezionale fattura,
monete, statuine in bronzo o terracotta raffiguranti animali, parti anatomiche o testine dell’offerente.
Tutto è pronto per aspettare la vecchina più attesa dell’anno!
Anche lei è pronta, con la scopa parcheggiata in attesa.
La festa era legata ai riti propiziatori dell’agricoltura per la stagione che dopo il solstizio iniziava di nuovo, è l’ultima superstite di antichi culti di popolazioni dedite alla pastorizia e alle coltivazioni in cui vigeva il matriarcato e le vecchie donne cariche di esperienza e saggezza soprintendevano alla vita della comunità, conoscevano i ritmi delle stagioni, l’alternarsi delle colture, le cure per il bestiame, le erbe e i frutti commestibili e medicinali.
Nonostante la diffusione di Babbo Natale la magica vecchina resiste e continua a portare regali ai bambini buoni, con qualche pezzetto di carbone per i capricci, quello dolce però, perché quello vero nessuno lo conosce più!
Urbania, Festa della Befana
Anche noi aspettiamo fiduciosi con le nostre calze appese!
Buon 2023! Per farvi i miei auguri quest’anno mi servo dell’alloro, pianta simbolica fin dall’antichità, quando veniva impiegato nei riti augurali facendone bruciare le foglie: se bruciavano producendo una fiamma vivida gli auspici erano positivi.
Pianta sacra per eccellenza ne era vietato l’uso per scopi profani. Era dedicata al dio Apollo, per questo, secondo la leggenda, era l’unico albero che non veniva colpito dal fulmine. Nell’antichità, e ancora in tempi recenti nelle nostre campagne, si piantava per questo motivo vicino alle case.
Era simbolo di gloria e sapienza, quest’ultimo attributo è rimasto nel nome dell’ambìto traguardo di studi, la laurea appunto. Negli ultimi decenni si è affermata l’usanza dei nostri laureati di cingersi il capo con una corona d’alloro come gli antichi vincitori di gare atletiche e letterarie.
Queste foglie d’alloro in ambra di epoca romana erano regalate come augurio per l’anno nuovo: “Annum Novum Faustum Felicem“.
Provengono da Aquileia che era in epoca romana il punto d’arrivo della “Via dell’Ambra” che partiva dalle regioni danubiane. Si attribuivano a questa resina fossile proprietà magiche e curative e ne venivano ricavati oggetti preziosi, amuleti, gioelli, giochi e altri piccoli oggetti regalati soprattutto alle donne e ai bambini come portafortuna.
A Sant’ Anatolia di Narco, in Valnerina si può visitare un interessante e completo Museo della Canapa, fibra tessile ora dimenticata, ma un tempo coltivata dalle famiglie e trattata in casa in tutti i passaggi per renderla adatta alla tessitura. Le famiglie avevano il proprio telaio e le ragazze si tessevano la biancheria per il proprio corredo.
Una paziente e appassionata ricerca ha permesso di recuperare gli antichi telai, gli orditoi e gli altri strumenti per la lavorazione e la tessitura e di esporli in diverse sale di quello che è diventato un museo diffuso e un laboratorio di didattica della tessitura.
La canapa una volta raccolta veniva messa a macerare, poi battuta per liberarla della parte legnosa, quindi veniva il momento della filatura ed infine si tesseva.
I telai erano di legno massiccio e una volta sparita la tradizione della tessitura casalinga molti furono fatti a pezzi per farne legno per il camino. Questo bel telaio fu recuperato e restaurato per farci conoscere un aspetto delle vecchie tradizioni ora dimenticato.
Questo dell’immagine sotto è invece un telaio per fasce da neonato, niente a che vedere con i moderni pannolini usa e getta!
Telaio per fasce da neonato
Nel museo ci sono anche esposte opere d’arte fatte con la canapa e i “lenzuoli sospesi”: grandi lenzuoli che le donne si riuniscono per ricamare insieme. Ognuna ricama il suo nome o un simbolo su un angolo di lenzuolo. Un modo di lavorare in compagnia, chiacchierando e scambiando ricordi. Il lenzuolo una volta finito viene esposto come un’opera d’arte.
Sull’antica via Flaminia, presso l’antica città di Carsulae, sulla provinciale che da Acquasparta va verso Massa Martana, si può raggiungere con un breve tratto di strada sterrata in buone condizioni, il Ponte Fonnaia costruito al tempo di Augusto per permettere alla via Flaminia di superare una profonda forra scavata da un modesto affluente del torrente Naia, quasi sempre in secco ma capace di piene rovinose.
Il ponte è seminascosto dalla vegetazione, ma ancora in buone condizioni. Fu costruito in opera cementizia ricoperta di blocchi di travertino, la sua altezza supera gli 8 metri.
Sopra, dove un tempo passavano eserciti e mercanti, una tranquilla sterrata di campagna è frequentata solo da qualche raro turista che riesce ad arrivare qui seguendo la segnaletica visibile sulla provinciale, vicino alla stazione di Massa Martana.
La via Flaminia attuale in realtà è a poche centinaia di metri, trasformata in superstrada e percorsa incessantemente da Tir ed auto.
Un suggestivo tuffo nel lontano passato, in un angolo verde e solitario dell’Umbria.
A poche centinaia di metri dal ponte c’è una catacomba cristiana del IV- V secolo d. C., unica nel loro genere in tutta l’Umbria. Per poterla visitare ci si può rivolgere al Comune di Massa Martana.
Tra vent'anni non sarete delusi dalle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l'ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite (Mark Twain)