fiori di maggio

Maggio è il mese della massima esplosione dei colori dei fiori, del rigoglio delle piante, dei frutticini che compaiono sugli alberi dove prima c’era stata fioritura. Maggio, il mese grande, dal latino maius e dalla radice mag.

Le viti allungano i tralci ogni giorno di più.

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Anche gli olivi sono fioriti e il loro leggero profumo si può percepire grazie alla loro abbondanza.

I lillà fioriti attirano le farfalle

Ci sono fiori ovunque, di tutti i colori, di tutte le forme e dimensioni, fioriscono gli alberi, le piante che crescono sui muri,

le piante officinali e quelle spontanee.

Soprattutto fioriscono le rose, le regine del mese con tutti i loro incredibili e bellissimi colori, siano esse coltivate che spontanee.

Con questo articolo floreale e colorato festeggio gli 11 anni del mio blog, iniziato proprio il 22 maggio del 2012 con questo post.

Goethe e gli alberi di Giuda

Stamane ho avuto la sorpresa d’uno spettacolo singolare: vedevo in lontananza degli alti alberi slanciati rivestiti del più bel violetto. Osservando meglio, riconobbi l’albero, noto nelle nostre serre sotto il nome di albero di Giuda, il cercis siliquastrum dei botanici, che produce i suoi fiori a figura di farfalle direttamente dal tronco.

I rami slanciati che avevo osservato da prima, erano stati rimondati durante l’inverno e così i bei fiori dalla cinta carica uscivano a migliaia dalla corteccia.”

(J. Wolfgang Goethe, Viaggio in Italia, traduzione E. Zaniboni, ed. Intra Moenia)

25 aprile

Viva la Libertà

Viva la primavera
che viaggia liberamente
di frontiera in frontiera
senza passaporto,
con un seguito di primule,
mughetti e ciclamini
che attraversando i confini
cambiano nome come
passeggeri clandestini.
Tutti i fiori del mondo son fratelli.

Gianni Rodari

Contro tutti i fascismi vecchi e nuovi, contro ogni intolleranza e sopraffazione è necessario conservare la memoria.

fiori di salice

Fiori staminiferi di salice

Un salice (Salix alba) fiorito. I salici sono alberi amanti dei luoghi umidi e in questa stagione sono in piena fioritura.

Sono alberi dioici, ci sono cioè piante che hanno solo fiori femminili (pistilliferi) e alberi che hanno solo fiori maschili (staminiferi), come quelli della foto.

I fiori compaiono spesso insieme alle foglie e sono avvolti da una piccola brattea pelosa e disposti in dense spighe.

Sono alberi resilienti e benefici perché ci forniscono farmaci. Io ne ho parlato qui.

un albero

Hai mai notato un albero che sta nudo contro il sole, come è bello? Tutti i suoi rami sono delineati, e nella sua nudità vi è una poesia, una canzone“. (Jiddu Krishnamurti)

fiori sulle antiche rovine

Le rovine antiche sono un luogo ideale per la crescita di fiori spontanei, lontano da coltivazioni e diserbanti, anche lo sfalcio non è così solerte! Così in queste prime giornate autunnali visitando le rovine ci si può imbattere in un vero orto botanico!

Fra le rovine dell’antica colonia di Julia Felix Lucus Feroniae di cui parlerò in un prossimo post crescono bellissimi fiori come l’Altea della foto in apertura.

I prati abbondano delle fioriture del finocchio selvatico e della rughetta selvatica.

Ruchetta selvatica

La nepitella (a Roma conosciuta come mentuccia) riempie l’aria tiepida con il suo profumo e riesce a crescere anche nelle fessure degli antichi muri.

Così come le bocche di leone che hanno bisogno di ben poco terriccio per fiorire!

Non è la prima volta che trovo bellissimi fiori sulle rovine, in Marocco la stessa antica città romana di Volubilis aveva preso il nome dal fiore spontaneo che vi cresceva abbondante: il convolvolo.

Sul tempio di Giove Anxur a Terracina crescono violacciocche e ferule che danno un tocco di colore agli imponenti resti.

Gli esempi possono essere ancora moltissimi, le mie visite archeologiche hanno quasi sempre un risvolto botanico! Mi fermo però qui.

due Parchi centenari

Parco Nazionale del Gran Paradiso, Val di Cogne

Fra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo compiono cento anni i primi due parchi nazionali italiani: il Parco Nazionale del Gran Paradiso e il Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio, Molise.

Intorno al massiccio del Gran Paradiso, fra Valle d’Aosta e Piemonte, la famiglia Savoia aveva una residenza reale di caccia fin dal 1856. Nel 1919 Vittorio Emanuele III si dichiarò disposto a cederla allo Stato purché vi si creasse un parco nazionale. Il Parco fu istituito il 2 dicembre 1922.

L’articolo 1 del decreto legge di istituzione del parco sancisce che la finalità del parco “conservare la fauna e la flora e preservare le particolari formazioni geologiche, nonché la bellezza del paesaggio”.

Val Grisenche

In realtà i primi decenni del parco, che coincisero con l’affermazione del fascismo e poi la seconda guerra mondiale, furono molto difficili in particolare per la caccia ai grandi ungulati che riprese con il bracconaggio. Dopo la guerra erano rimasti solo circa 400 stambecchi. Il loro numero tornò lentamente a salire e questo animale minacciato divenne il simbolo del parco.

Parco del Gran Paradiso, Valsavarenche

Il Parco Nazionale d’Abruzzo, dal 2001 chiamato Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, perché il suo territorio si estende in queste regioni, ebbe origine da un’iniziativa della Commissione per i Parchi Nazionali che nell’ottobre del 1921 affittò dal Comune di Opi 500 ettari della Costa Camosciara in Val Fondillo per farne un’area protetta, ancora oggi questa zona è cuore del Parco, frequentatissima dai turisti.

Val Fondillo

Era proprio in questa zona che trovavano rifugio il camoscio d’Abruzzo, differente da quello delle Alpi, il lupo appenninico e l’orso marsicano, una sottospecie dell’orso diffuso sulle Alpi. Tutte specie un tempo a diffusione più ampia lungo l’Appennino, ma minacciate d’estinzione oltre che dalla caccia anche dalla crescente antropizzazione.

Nel settembre del 1922 una zona di 12 mila ettari divenne ufficialmente Parco Nazionale, il riconoscimento ufficiale da parte dello Stato italiano avvenne nel gennaio del 1923.

Il Parco tutela i grandi mammiferi endemici dell’Appennino, oltre a quelli già citati si aggiunse anche il cervo, un tempo presente fra queste montagne, ma estintosi per la caccia intensa, che fu reintrodotto nel 1971.

Per quel che riguarda la flora il Parco custodisce boschi di faggio pluricentenari che sono diventati Patrimonio Mondiale UNESCO e molte specie endemiche di fiori.

Un patrimonio naturale ricchissimo e insostituibile perché unico in Europa a causa della latitudine e delle specie endemiche che vi sono presenti.

la rivoluzione dei papiri

I fusti dei papiri affondano le radici nelle acque dello stagno dell’Orto Botanico di Roma.

I papiri sono piante palustri appartenenti alla famiglia delle Cyperacee. Fin dalla preistoria in Egitto con le loro fibre flessibili si fabbricavano corde, stuoie, calzature e ceste. Con i papiri intrecciati e spalmati di bitume era fatto il canestro in cui il piccolo Mosè venne lasciato da sua madre sulle sponde dl Nilo.

Roma, fontana del Mosè a Villa Borghese

Circa 3000 anni fa gli egizi trovarono il modo di fabbricare fogli ricavati dal loro midollo che era tagliato in strisce sottili con le quali si faceva un primo strato orizzontale, sovrapponendo un secondo strato verticale. Con un maglio gli strati venivano battuti in modo che la linfa rilasciata servisse da collante. I fogli erano poi incollati fra loro e arrotolati.

La scoperta rivoluzionò la trasmissione dei testi scritti. Mano a mano che le società del Mediterraneo si alfabetizzavano cresceva il bisogno dei rotoli di papiro che furono esportati dagli egiziani a caro prezzo. Infatti la pianta scarseggiava al di fuori dell’Egitto tanto che divenne una risorsa strategica.

I faraoni detennero il monopolio della lavorazione e del commercio di questi rotoli che rappresentavano un enorme progresso rispetto ai supporti per la scrittura usati precedentemente: pietra, argilla, legno, metallo che erano rigidi e pesanti. Ora gli scritti erano fatti su un supporto flessibile, leggero e facilmente trasportabile.

Paper in inglese, papel in spagnolo e portoghese, papier in tedesco, papir in molte lingue slave, paperi in finlandese. Molte lingue europee usano ancora oggi questo termine per significare carta.

Molte delle notizie di questo articolo le ho prese da un libro esauriente e interessante: “Papyrus, l’infinito in un giunco” di Irene Vallejo, edizioni Bompiani.

alberi spaccasassi

Questo leccio imponente è riuscito a crescere nonostante la presenza della dura roccia vulcanica, le sue radici e il suo tronco si sono insinuati quando erano ancora giovani e sottili in fessure naturali che hanno contribuito ad allargare, stagione dopo stagione, anno dopo anno, sia con la sola pressione meccanica, sia approfittando della naturale erosione dovuta alle piogge, al gelo e al caldo. le radici hanno aggiunto anche un’azione chimica.

Spagna giugno 15 247

Questo Pinus nigra è riuscito invece con il suo sistema radicale poderoso ad ancorarsi e crescere sulla roccia calcarea.

Le radici di questi faggi ci testimoniano tutta la tenace lotta dell’albero per sopravvivere e crescere.

Qualche alberello cerca di sfruttare anche le fessure di città, se non verrà rimosso spaccherà anche l’asfalto.

In questo caso il fico affonda le radici nellaq copertura a volta di un manufatto archeologico, ma si è adattato a crescere capovolto! I rami invece di andare verso il cielo, hanno quasi raggiunto il suolo.

Anche questo enorme albero è cresciuto su antiche rovine ed ha trovato abbastanza nutrimento e spazio per diventare veramente imponente!

Montaperti e le crete senesi

Le crete senesi sono tra i più caratteristici paesaggi toscani, attirano turisti da tutto il mondo e sulle tortuose strade che le attraversano è comune incontrare americani, tedeschi, giapponesi e coreani.

Sono un arido deserto color ocra o grigio che si tinge di verde e giallo in inverno e primavera, il colore dei germogli di grano e dei fiori delle erbe da foraggio. In estate è tutto d’oro per le spighe mature, per poi tornare all’aridità e nudità della terra riarsa e screpolata dopo la mietitura.

Le crete erano il fondale del mare pliocenico emerso e modellato dall’erosione dei corsi d’acqua che formano valli e solchi.

A volte il terreno è stato scavato in ripidi calanchi, dove l’erosione è stata più rapida. Altre volte si formano collinette di colore chiaro chiamate biancane come nel Deserto di Accona. Il loro colore è dovuto alla presenza in superficie di sali minerali, soprattutto solfato di sodio che rendono il terreno poco fertile e inadatto alla coltivazione. L’assenza di copertura vegetale aumenta l’insolazione e accentua il fenomeno della concentrazione di sali in superficie.

Il deserto di Accona è dipinto nell’affresco di Ambrogio Lorenzetti “Effetti del Buongoverno in campagna” (1338-1340) che si trova nella Sala della Pace del Palazzo Pubblico di Siena.

Le colline senesi conservano le fattorie sulla loro sommità e il loro profilo è accompagnato da filari di cipressi piantati lungo le strade di accesso a questi poderi, oggi spesso traformati in resorts di lusso.

Il paesaggio delle colline senesi ha il suo grande fascino e infonde un senso di serenità, ma fu teatro di una battaglia sanguinosissima fra le repubbliche di Siena e di Firenze che ancora a distanza di più di sette secoli ha lasciato uno strascico di rivalità e ostilità fra senesi e fiorentini.

La battaglia si combattè il 4 settembre 1260 nella piana presso il castello di Montaperti, vicino alla confluenza fra il fiume Arbia e il torrente Malena. Erano schierati in campo 15 mila senesi con i loro alleati ghibellini e 30 mila fiorentini con i loro alleati guelfi. L’armata senese riportò una vittoria completa facendo strage dei loro avversari, come canta Dante: “lo strazio e ‘l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso” Inferno X, 85-86.

Sulla collinetta ornata di cipressi una piramide di pietra ricorda ancora l’evento che i senesi rievocano ancora. La vittoria portò al dominio dei ghibellini sulla Toscana e alla predominanza della Repubblica di Siena sulla scena politica del tempo.

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