
Fra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo compiono cento anni i primi due parchi nazionali italiani: il Parco Nazionale del Gran Paradiso e il Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio, Molise.
Intorno al massiccio del Gran Paradiso, fra Valle d’Aosta e Piemonte, la famiglia Savoia aveva una residenza reale di caccia fin dal 1856. Nel 1919 Vittorio Emanuele III si dichiarò disposto a cederla allo Stato purché vi si creasse un parco nazionale. Il Parco fu istituito il 2 dicembre 1922.
L’articolo 1 del decreto legge di istituzione del parco sancisce che la finalità del parco “conservare la fauna e la flora e preservare le particolari formazioni geologiche, nonché la bellezza del paesaggio”.


In realtà i primi decenni del parco, che coincisero con l’affermazione del fascismo e poi la seconda guerra mondiale, furono molto difficili in particolare per la caccia ai grandi ungulati che riprese con il bracconaggio. Dopo la guerra erano rimasti solo circa 400 stambecchi. Il loro numero tornò lentamente a salire e questo animale minacciato divenne il simbolo del parco.

Il Parco Nazionale d’Abruzzo, dal 2001 chiamato Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, perché il suo territorio si estende in queste regioni, ebbe origine da un’iniziativa della Commissione per i Parchi Nazionali che nell’ottobre del 1921 affittò dal Comune di Opi 500 ettari della Costa Camosciara in Val Fondillo per farne un’area protetta, ancora oggi questa zona è cuore del Parco, frequentatissima dai turisti.

Era proprio in questa zona che trovavano rifugio il camoscio d’Abruzzo, differente da quello delle Alpi, il lupo appenninico e l’orso marsicano, una sottospecie dell’orso diffuso sulle Alpi. Tutte specie un tempo a diffusione più ampia lungo l’Appennino, ma minacciate d’estinzione oltre che dalla caccia anche dalla crescente antropizzazione.
Nel settembre del 1922 una zona di 12 mila ettari divenne ufficialmente Parco Nazionale, il riconoscimento ufficiale da parte dello Stato italiano avvenne nel gennaio del 1923.
Il Parco tutela i grandi mammiferi endemici dell’Appennino, oltre a quelli già citati si aggiunse anche il cervo, un tempo presente fra queste montagne, ma estintosi per la caccia intensa, che fu reintrodotto nel 1971.
Per quel che riguarda la flora il Parco custodisce boschi di faggio pluricentenari che sono diventati Patrimonio Mondiale UNESCO e molte specie endemiche di fiori.


Un patrimonio naturale ricchissimo e insostituibile perché unico in Europa a causa della latitudine e delle specie endemiche che vi sono presenti.