La cucina romanesca è famosa in tutto il mondo, soprattutto per alcuni suoi piatti, è una cucina semplice ma sapida e vigorosa, che sfrutta con successo gli alimenti a buon mercato.
Fra i vari piatti tipici di questa cucina popolare alcuni hanno strani nomi, al limite della parolaccia, è il caso del cazzimperio o cacimperio che non è altro che il nome che si dà a Roma al pinzimonio, cioè a quel piatto semplicissimo ma gustoso che prevede di intingere nell’olio di frantoio con poco sale e pepe le verdure crude: finocchi, sedano, carote, eventualmente ravanelli e peperoni. Il perché di tale nome non è chiaro, forse dall’antico termine cazza, mestolo.
Cco ssale e ppepe e quattro gocce d’ojo
podessimo facce er cazzimperio
(Gioacchino Belli, La bbotta de fianco)

Semplicissima e gustosa è anche la panzanella, che originariamente era solo pane raffermo ammollato appena nell’acqua fredda e condito con olio, aceto, sale e qualche fogliolina di basilico. Più semplice ed economico di così! Poteva servire da merenda per una nidiata di bimbi affamati.
In tutte le pizzerie e i ristoranti romani immancabili sono i fritti come antipasto e fra questi gli ottimi filetti di baccalà, i fiori di zucca e i supplì, crocchette di riso ripiene di regaglie di pollo o più frequentemente di mozzarella, in questo caso si hanno i supplì al telefono, perché la mozzarella quando si morde il supplì bello caldo fa i fili, come il telefono, per lo meno quello di una volta! La parola supplì pare derivi dal francese surprise, sorpresa, per la gustosa sorpresa che si trova all’interno.
Fra i primi alcuni nomi sono conosciutissimi in Italia e nel mondo, la pasta alla carbonara forse deve il suo nome all’abbondante pepe che ci si deve aggiungere, la pasta alla gricia saporitissima ma condita solo con gli ingredienti che si avevano sicuramente a disposizione: guanciale e pecorino come la matriciana che però prevede l’aggiunta di pomodoro. Gli spaghetti ajo, ojo e peperoncino sono proverbiali per la loro semplicità e simpatia, quelli che risolvono in poco tempo e poco costo l’appetito di un nutrito gruppo di amici. Ancora più semplici sono gli spaghetti cacio e pepe che hanno bisogno solo di questi due ingredienti.

La pasta fresca impastata solo con acqua e farina prende tanti nomi coloriti come fregnacce, cecapreti e strozzapreti, maccaruni, sagne, termini comuni ad altri territori dell’Italia centrale. Hanno l’uovo nell’impasto invece le fettuccine che sono esaltate dal sugo con le regaje di pollo (interiora).
Fra i nomi coloriti dei secondi piatti ci sono i saltimbocca, l’abbacchio a scottadito, il “quinto quarto” cioè la carne più povera come il fegato, la milza, il polmone e il cuore, la trippa, la coda o gli intestini del vitello che danno piatti a volte sontuosi e ricercati dagli intenditori come la coda alla vaccinara e i rigatoni con la pajata (intestino del vitello).
E poi le puntarelle, i germogli della catalogna tagliati a striscioline sottilissime e conditi con un pesto di aglio e acciughe e con aceto, sale e pepe, immancabili in inverno sulle tavole dei romani veraci. Un altro contorno da intenditore sono i carciofi alla giudìa, eredità della cucina ebraica. Simpatici e saporiti sono poi i pomodori al grattè, in cui il francese gratin viene romanizzato in un termine evocativo (anche il termine francese è comunque derivato dal verbo gratter, scrostare, grattare per via della crosta che si forma in superficie).
Fra i dolci tipicamente romani dal nome particolare ci sono i maritozzi, soffici e panciuti panini dolci di pasta lievitata, un tempo sempre presenti nei bar, riempiti di panna potevano sostituire un pasto! Ora nei bar si trovano solo i cornetti. In tempo di Carnevale si possono ricordare le castagnole, i bocconotti ripieni di ricotta, le frappe che in altre zone d’Italia hanno altri nomi equivalenti,.
Infine non si può non citare la grattachecca, un piacevole refrigerio nelle afose estati romane, ottenuta, come suggerisce il nome, grattando a mano il ghiaccio a cui si aggiungono sciroppi, succhi di frutta o frutta fresca. Ancora ci sono a Roma sul lungotevere, a Testaccio o a Trastevere i chioschi che fanno le grattachecche davanti al cliente.
