“Con questo manuale pratico basta si sappia tenere un mestolo in mano, che qualche cosa si annaspa”, scriveva Pellegrino Artusi nella prefazione del suo: “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene“. E poi ancora: “Non penso che sia necessario, per riuscire di nascere con una cazzaruola in capo, basta la passione, molta attenzione e l’avvezzarsi precisi”.
Ho sfogliato il libro dell’Artusi fin dall’infanzia; mia madre ne utilizza una copia che era della mia bisnonna, con la copertina di pelle, ma all’interno le pagine sentono il peso di essere state sfogliate da quattro generazioni di donne, per di più in cucina; per cui non si sa più a quale secolo possa risalire la macchia a pagina 102. Mia madre a sua volta me ne regalò una copia ed io ho fatto lo stesso con mia figlia.
E’ stato il primo libro di ricette di italiano, la sua prima edizione è del 1891 e da allora è diventato il libro di cucina più diffuso in Italia.
Artusi era nato a Forlimpopoli nel 1820, da una famiglia benestante, compì studi universitari, si dedicò ad alcuni commerci, ma alla morte dei genitori potè vivere di rendita.
Nel libro, per cui è giustamente famoso, riuscì a raccogliere ricette di cucina da tutta Italia, sperimentandole egli stesso e descrivendole con chiarezza ed arguzia. La sua lettura è godibilissima, non solo per le ricette, ma perchè è uno spaccato della vita fra Romagna e Toscana nell’ 800.
Diversi episodi narrati con stile piacevole ci riportano alle vicende di quei tempi fra viaggi a cavallo attraverso l’Appennino, considerazioni, termini desueti, aneddoti. Descrivendo la ricetta del minestrone ci parla di un’epidemia di colera a Firenze, da cui fu contagiato egli stesso. A proposito di una ricetta di maccheroni racconta del suo incontro in una trattoria di Bologna con Felice Orsini, che molti anni dopo attentò alla vita di Napoleone III e finì sulla ghigliottina.
Fa sorridere la sua avversione per le parole straniere: nella ricetta del Passato di patate dice: “Ormai in Italia se non si parla barbaro, nessuno v’intende; quindi per esser capito bisognerà che io chiami questo piatto…purée..”.
Molte ricette dell’Artusi sono diventate per noi ricette di famiglia. Metto qui una di quelle che abbiamo sperimentato tante volte, posso così aggiungere alcuni miei suggerimenti dettati dall’esperienza.
Gnocchi di semolino
Ingredienti
- semolino 120 g
- latte 400 ml
- burro 50 g
- parmigiano grattato 40 g
- 2 uova
Portare all’ebollizione il latte e versarvi a pioggia il semolino. Cuocerlo a fuoco basso mescolando continuamente, perché tende facilmente ad attaccarsi ed a fare grumi; basteranno 10 minuti di cottura, se si addensa troppo anche un po’ meno. Spegnere il fuoco e mescolarvi metà del burro, metà del parmigiano e salarlo. Aggiungere infine le uova amalgamando bene il tutto.
Ungere leggermente il ripiano del tavolo e versarvi l’impasto, livellarlo con una spatola od un coltello in uno strato di circa 1,5 cm; lasciarlo raffreddare. Tagliarlo in quadrati e disporli in una teglia precedentemente imburrata, anche in più strati, mettendo su ogni strato fiocchetti di burro e il restante parmigiano grattato.
Cuocere in forno a 180° per 20 minuti.
E’ un piatto di buon sapore, molto sostanzioso per la presenza del latte e delle uova, adatto anche ai bambini. Artusi lo definisce un “tramesso”, cioè un piatto di minor importanza servito fra le portate principali, ma noi, mangiatori meno formidabili di quelli di un tempo, lo usiamo come primo piatto; accompagnato da un piatto di verdure può diventare anche un piatto unico. Le dosi possono servire per tre-quattro persone.
Mar 05, 2013 @ 10:17:52
E’ un libro bellissimo!Così semplice eppure così appasionante: non è solo un libro di cucina, ma di vita ed esperienze.
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Mar 05, 2013 @ 21:41:03
Si, concordo pienamente con te!
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